Se omeopatia, naturopatia, medicine complementari e mistificazioni sulla realtà della sperimentazione animale «spaventano» gli scienziati, che vorrebbero semplicemente fare il proprio lavoro (insegnare il metodo scientifico), sappiate che potremmo essere solo all’inizio di una deriva antiscientifica in Italia. E a trainare questa deriva – è stato dimostrato negli ultimi mesi – è il favore di istituzioni, templi del sapere e della democrazia, come l’università stessa e il Parlamento, nei confronti della biodinamica.
Pseudoscienze: la biodinamica già in Parlamento e nelle Università.
La biodinamica piace, come dimostra il fatto che, ancora nel 2020, all’inizio di un nuovo decennio, sia depositato in Parlamento, un DDL dal titolo «Disposizioni per la tutela, lo sviluppo e la competitività della produzione agricola, agroalimentare e dell’acquacoltura con metodo biologico», che promuove l’insegnamento della biodinamica proprio nelle università equiparandola all’agricoltura biologica.
Ma oltre al Parlamento anche l’altro tempio sacro della conoscenza, vale a dire l’università, pare profanato. Il workshop organizzato lo scorso novembre dalla Scuola di Agraria dell’Università degli Studi di Firenze per il lancio dell’Associazione Italiana di Agroecologia includeva la sessione «Agricoltura biologica e biodinamica», celebrativa delle pratiche biodinamiche. Ma è stato solo uno dei tanti esempi: purtroppo, non è la prima volta che l’agricoltura biodinamica è presentata come pratica scientifica in convegni che si svolgono all’interno di università italiane, con il patrocinio di dipartimenti scientifici.
Ecco perché la biodinamica non ha fondamento.
La biodinamica non può essere considerata una pratica scientifica, in quanto i suoi presupposti e le sue teorie non sono verificabili né matematicamente né sperimentalmente. La possibilità di verifica matematica e sperimentale è il presupposto della scienza. Per questo motivo, ad esempio, l’esistenza di una entità «superiore» o «soprannaturale» che ha dato origine all’universo e alla vita non può essere oggetto di indagine scientifica, malgrado miliardi di persone vi credano. Ciò che non è scienza può essere oggetto di studio nei dipartimenti e istituzioni di altro genere (storia, teologia, sociologia, letteratura) ma non nei dipartimenti scientifici.
Questa posizione, comune alla grandissima maggioranza delle istituzioni e società scientifiche, è stata criticata dagli esponenti dell’agricoltura biodinamica come liberticida: si limiterebbe la libertà di ricerca. Questa critica è quasi sempre accompagnata dalla teoria secondo cui le scienze agrarie «ufficiali» sarebbero al servizio dei grandi complessi agroindustriali e dunque contro ogni pratica «alternativa» fuori dal coro. Desideriamo essere molto chiari su tali questioni, che chiaramente hanno purtroppo ormai una grande presa sui cittadini.
La libertà di ricerca non è affatto limitata, ma, come abbiamo accennato brevemente sopra, la ricerca scientifica è una cosa seria e i finanziamenti pubblici non sono illimitati. Non è possibile verificare se le «forze cosmiche» si veicolino specificamente «attraverso il cornoletame distribuito in dosi omeopatiche», come stabiliscono i principi delle pratiche biodinamiche: non esistono esperimenti per misurare le alquanto poco definite forze cosmiche biodinamiche e il modo in cui il cornoletame le veicolerebbe.
Lobbiyng delle associazioni biodinamiche per emarginare lo scienziato.
Dunque, le pubblicazioni riguardo la biodinamica peccano su questo presupposto fondamentale, e non c’è da stupirsi se i risultati di misurazioni di produzione e qualità siano contradditori fra le varie pubblicazioni: evidentemente altri fattori molto più reali (clima, varietà vegetali, stato del suolo, o chissà quale altro) influiscono sulle misurazioni.
Riguardo alla libertà più in generale: nessuno scienziato nega di coltivare secondo le pratiche biodinamiche, mentre le associazioni biodinamiche da sempre hanno combattuto contro la possibilità di coltivare piante prodotte con le moderne tecniche di miglioramento genetico, anche quando queste piante sono state approvate dalle autorità di controllo dell’Unione Europea. Siamo al paradosso che chi vuole limitare la libertà accusa i liberali di essere liberticidi.
Riguardo, infine, ai complessi agroindustriali, vorremmo qui ricordare che le società scientifiche non hanno alcun legame con l’industria agroalimentare, la quale peraltro contribuisce in maniera molto significativa ad alimentare il pianeta, e che la stragrande maggioranza delle pubblicazioni della scienza applicata all’agricoltura vengono da scienziati di istituzioni pubbliche con finanziamenti pubblici.