di Maria Lodovica Gullino (Università di Torino) e Alessandro Vitale (Consiglio Nazionale delle Ricerche C/O IBBA-CNR).
Lo scorso dicembre gli OGM (Organismi geneticamente modificati) sono nuovamente comparsi spesso all’onore delle cronache, con il consueto uso dispregiativo del termine. Da una parte l’allarme lanciato dai no-OGM contro una possibile apertura legislativa all’utilizzo dell’editing dei genomi in agricoltura. Ad esempio SlowFood: “Non si può mai abbassare la guardia quando si parla di Ogm. La stragrande maggioranza delle persone non li vuole, ma una potente minoranza dai grandi interessi economici (capeggiata dalle multinazionali sementiere e della chimica, sempre più saldamente vincolate le une alle altre) non perde l’occasione per tentare di introdurre in Italia e in Europa vecchi o nuovi Ogm”. D’altra parte è stata infelice l’espressione usata dal Ministro Boccia in un’intervista a La Stampa, riguardo possibili cambi di governo, riportata nel titolo “Siamo un Paese modello. E non faremo governi Ogm”, ma anche e soprattutto nel virgolettato, in cui il Ministro insiste a dire di essere “…contrari a ogni forma di pasticcio o di esecutivi geneticamente modificati”.
Vale la pena di ricordare a SlowFood, agli altri no-OGM e al Ministro che tutti noi in qualche modo siamo degli OGM.
Paura degli OGM? Le modificazionio genetiche operano da sempre.
Senza le modificazioni genetiche che avvengono da quando è sorta la vita su questo pianeta, saremmo ancora tutti molto simili agli organismi unicellulari con cui la vita è comparsa sulla Terra probabilmente più di 4 miliardi di anni fa. Chiunque utilizza il termine OGM in senso dispregiativo avrebbe bisogno di consultare un testo di genetica evoluzionistica e, soprattutto, rendersi conto che sono proprio le modificazioni genetiche che hanno prodotto la meravigliosa biodiversità in cui viviamo.
Riferendosi alle piante OGM (termine con il quale sono impropriamente definite le piante prodotte usando le tecnologie del DNA ricombinante), ci si dovrebbe dunque ricordare che questa definizione non definisce nulla. Dunque non ha alcun significato scientifico – infatti non è stata inventata dagli scienziati – e dovrebbe essere eliminata dai documenti legislativi e da ogni normativa. Come gli scienziati esperti di tutte le organizzazioni scientifiche europee sostengono da anni, una varietà vegetale dovrebbe essere regolamentata in base a quello che è, non alla tecnica usata per produrla.
Pensate al Nobel per l’editing genomico e al vaccino contro SARS-CoV-2.
È appena terminato l’anno in cui le due scienziate (la microbiologa francese Emmanuelle Charpentier e la biochimica statunitense Jennifer Doudna) che hanno reso possibile l’editing del genoma, uno sviluppo delle tecnologie del DNA ricombinante, hanno ricevuto il premio Nobel per la chimica con la motivazione che questa tecnologia “ha contribuito a molte importanti scoperte nella ricerca di base e reso possibile lo sviluppo di piante coltivate che resistono a funghi, parassiti e siccità”. E nell’ultimo mese l’Unione Europea ha iniziato la campagna vaccinale contro il virus SARS-CoV-2 utilizzando un vaccino che è anch’esso il risultato di tecnologie di DNA ricombinante, sviluppato da un’impresa tedesca.
Il marchio infamante OGM è stato un grande successo mediatico di chi vuole denigrare i progressi della genetica, ma non è niente altro che un’invenzione mediatica.