di Stefano Cesco (Società Italiana di Chimica Agraria)
Il settore della formazione è stato uno dei primi ad essere influenzato dalle strategie di isolamento e di distanziamento sociale messe in atto per limitare la diffusione del virus. Secondo i dati UNESCO, in aprile 2020 scuole e università sono state chiuse in 191 Paesi interessando oltre 1,5 miliardi di studenti (~90% del totale).
Anche se non ancora usciti dall’emergenza COVID-19, ci è sembrato utile iniziare a riflettere sia sulle problematiche verificatesi nella didattica online, sia sugli aspetti positivi per farne tesoro e poterli sfruttare a beneficio della qualità della didattica nella nuova normalità. Nell’articolo appena pubblicato su International Journal of Higher Education, abbiamo identificato i seguenti aspetti “chiave”: (1) aspetti pedagogici (cosa insegnare? quali competenze?); (2) aspetti organizzativi delle attività didattiche (come insegnare?); (3) strumenti di e-learning; (4) infrastruttura di rete e dispositivi hardware; (5) diversità e inclusività.
Penalizzati soprattutto i programmi tecnico-scientifici.
Relativamente agli aspetti pedagogici, l’obiettivo di ogni programma di studio è quello di fornire agli studenti un insieme di conoscenze e competenze accuratamente definite in fase progettuale del programma stesso (anche considerando gli stakeholder). Alcune competenze non sono facili da insegnare online, e questo vale in modo particolare per i programmi tecnico-scientifici, in cui le attività pratiche sono determinanti per l’acquisizione delle competenze necessarie. Siamo quindi sicuri che durante l’emergenza siamo stati in grado di garantire il raggiungimento di tutti i risultati di apprendimento definiti dai programmi di studio? Questa è una domanda aperta sulla quale il sistema universitario dovrebbe riflettere.
È necessario ripensare i programmi di studio per mantenere la qualità dell’istruzione.
Un altro aspetto riguarda l’organizzazione delle attività didattiche. Durante l’emergenza, a causa del limitato tempo ma anche della mancanza di piani per l’insegnamento online e/o di esperienza specifica in questo contesto, la maggior parte delle università ha trasformato le lezioni in aula in lezioni online sincrone (streaming) o, meno frequentemente, in lezioni asincrone. L’adattamento di contenuti, materiali, metodologie, linguaggi, attività e formati didattici è stato lasciato principalmente all’iniziativa di ciascun docente. È sufficiente tutto questo nel medio/lungo termine per garantire un’istruzione superiore di alta qualità? O è invece necessario ripensare e ridisegnare i programmi di studio (per massimizzare i vantaggi dell’apprendimento online o blended)? Inoltre, i programmi di studio e i curricula potrebbero richiedere un aggiornamento anche in considerazione della crescente importanza di alcuni aspetti come salute, sicurezza o pratiche organizzative per lo smart working.
Didattica online: in cattedra Baby Boomers che insegnano a nativi digitali.
All’inizio dell’emergenza, le università tradizionali – almeno in Europa – non erano coinvolte, se non marginalmente, nell’insegnamento online e, quindi, non erano adeguatamente attrezzate con sistemi e piattaforme ICT. Questo problema è stato però rapidamente risolto – almeno per l’insegnamento online sincrono – grazie a fornitori di tecnologia, che hanno rapidamente messo a disposizione (anche gratuitamente) una serie di soluzioni e hanno supportato le Università nell’adozione di nuovi processi. Una riflessione ad hoc sembra essere necessaria per la valutazione on line delle competenze. Infine, è necessario tenere conto delle caratteristiche delle diverse generazioni di studenti e docenti. Attualmente ci troviamo in una situazione in cui gli immigrati digitali (Baby Boomers, Generazioni X e Y) insegnano ai nativi digitali (Generazioni Z e Alpha).
La disponibilità di un’adeguata infrastruttura di rete mobile o di banda larga e la disponibilità di almeno un dispositivo hardware adatto per ogni studente/docente è certamente un prerequisito fondamentale per la didattica online. Per quanto riguarda l’infrastruttura di rete, la situazione europea è notevolmente migliorata negli ultimi 5 anni, ma rimangono ancora alcune situazioni critiche.
Il futuro: insegnamento online ma a complemento dell’insegnamento in presenza.
Infine, potremmo dire che l’insegnamento online è più inclusivo in quanto permette agli studenti che lavorano, agli studenti-genitori e agli studenti che vivono in zone remote di frequentare le lezioni. C’è però il rischio che le disuguaglianze economiche, di classe e di supporto tra gli studenti aumentino. In questo contesto, e secondo un recente studio condotto dalla Fondazione Agnelli e da alcune Università italiane, uno studente di scuola superiore su quattro con bisogni speciali o disabilità non è stato adeguatamente supportato durante l’e-learning.
Cosa succederà quindi quando sarà tutto finito? Alcuni dei cambiamenti nel sistema universitario rimarranno strutturali? A nostro avviso il COVID-19 ha cambiato in modo irreversibile l’insegnamento e l’apprendimento nelle università tradizionali europee. Questo cambiamento non è stato facile, ma la speranza è che le università siano capaci di farne tesoro per migliorare la qualità della didattica. Come sostengono alcuni ricercatori, siamo entrati nella quarta fase dell’evoluzione nel tempo del sistema universitario – detta delle università online e digitali. Questo non implica tuttavia una trasformazione automatica delle università in telematiche. La sfida sarà infatti a nostro avviso utilizzare l’insegnamento online come supporto/complemento all’insegnamento in presenza (blended learning), ovvero per migliorarne efficacia e inclusività. Infatti, nel vincere la sfida attuale innovando le tre mission, le università tradizionali non possono permettersi di rinunciare alle proprie identità e tradizioni.
Riferimenti:
Cesco, S., Zara, V., De Toni, A. F., Lugli, P., Betta, G., Evans, A. C., & Orzes, G. (2021). Higher Education in the First Year of COVID-19: Thoughts and Perspectives for the Future. International Journal of Higher Education, 10 (3), DOI: https://doi.org/10.5430/ijhe.v10n3p285.