di Fabio Francesco Nocito (Società Italiana di Chimica Agraria).
Il suolo, le piante, l’acqua e l’atmosfera rappresentano i domini fondamentali dell’agricoltura, così come oggi la conosciamo. Sebbene lo studio di questi elementi sia appannaggio di molte discipline specifiche, si è avvertita in passato l’esigenza, tuttora viva, di integrare i diversi aspetti “chimici” che caratterizzano i singoli domini in una visione unitaria che fosse funzionale alla descrizione, al miglioramento e alla gestione ordinaria dei sistemi agricoli, dando vita a una nuova disciplina: la Chimica Agraria.
Ad una analisi grossolana la Chimica Agraria potrebbe quindi sembrare una disciplina dai confini poco definiti. Osservandola attentamente saremo invece in grado di apprezzarla come disciplina unitaria, dove il dialogo e l’interazione fra i diversi «saperi» della chimica si concentra su una entità reale: il sistema suolo-acqua-pianta-atmosfera immaginato come un’entità continua e indissolubile.
In questa visione il chimico agrario affronta non solo gli aspetti chimici e biochimici intrinseci di un sistema produttivo basato sull’interazione di sistemi biologici con il loro ambiente (l’agroecosistema), ma anche le problematiche connesse all’impiego ed alla gestione di prodotti chimici – siano essi naturali o di sintesi – che concorrono a favorire le produzioni e a controllare gli agroecosistemi stessi.
Fertilità: gli elementi essenziali alla buona crescita della pianta.
La produzione delle piante di interesse agrario origina dall’interazione delle piante stesse con le componenti chimico-fisiche e biologiche del suolo, le quali concorrono a definirne la «fertilità», una caratteristica di vitale importanza per l’agricoltura che, pertanto, necessita di essere preservata e migliorata attraverso continui interventi dell’uomo.
L’enorme beneficio in termini di fertilità e di produzione legato all’apporto di elementi minerali al suolo è conosciuto sin dalle origini dell’agricoltura, quando gli uomini usavano questi materiali inconsapevolmente, semplicemente sulla base delle osservazioni empiriche. Il riconoscimento degli elementi minerali come essenziali per la crescita delle piante e la fertilità del suolo dovette però attendere il riconoscimento – oggi dato per scontato – che qualsiasi pianta è costituita almeno dagli elementi chimici di cui si nutre.
La nascita di questa consapevolezza si deve all’opera di Justus von Liebig e di altri chimici del XIX secolo che attraverso i loro studi promossero l’utilizzo dei concimi come mezzo per accrescere la fertilità del suolo e la produzione delle colture. Da allora numerose conquiste hanno caratterizzato il percorso storico dei chimici agrari che si sono dedicati non solo allo studio delle complesse dinamiche degli elementi e della sostanza organica dei suoli ed alla comprensione dei meccanismi di assorbimento e assimilazione dei nutrienti minerali, ma anche alla ricerca di mezzi convenzionali e biotecnologici per migliorare la fertilità dei suoli e sostenere la nutrizione e la salute piante, allo scopo di far fronte alla crescente domanda di cibo e di servizi di una popolazione in continua crescita.
L’artificioso dibattito tra «chimico» e «naturale»: una discussione fuorviante.
Non ultimo, occorre ricordare come le moderne sfide legate alla sostenibilità dei sistemi produttivi e ai cambiamenti ambientali abbiano interessato da vicino la chimica agraria. Basti pensare alle tematiche relative all’impatto ambientale dei sistemi agricoli, all’uso ed al riciclo delle biomasse in agricoltura, nonché alla produzione di «bioenergie» in un’ottica di economia circolare.
È in atto da alcuni anni un animato dibattito su ciò che è avvertito come «naturale» e ciò che è invece avvertito come «chimico». Moltissime persone sono portate a ritenere che ciò che è «naturale» sia meglio di ciò che è prodotto con l’aiuto della chimica.
Questa distinzione è fuorviante in quanto di fatto la chimica pervade ogni aspetto del sistema agricolo così come della nostra vita, o dello stesso universo, essendo tutto composto da atomi e molecole. Bisogna inoltre ricordare che da millenni l’agricoltura non si limita a raccogliere i frutti spontanei della natura bensì opera continuamente modificando piante e ambiente per la produzione di beni e servizi. Non c’è infatti niente di più «innaturale» di coltivare una pianta selezionata in un agroecosistema, un sistema altamente semplificato e modificato dall’uomo dove diversi fattori produttivi si incontrano per scaturire nella produzione agraria.
Ci auspichiamo pertanto che la continua interazione fra biologi, genetisti, patologi vegetali e «chimici», promossa dalla stessa Società Italiana di Chimica Agraria sin dalla sua nascita nel 1981, possa consentire di affrontare in modo razionale le sfide del futuro, all’interno di una nuova consapevolezza «naturalmente chimica».