Così l’ambiente in cui viviamo può agire negativamente sui nostri geni

Così l’ambiente in cui viviamo può agire negativamente sui nostri geni

di Ettore Meccia (Società Italiana di Mutagenesi Ambientale e Genomica, Istituto Superiore di Sanità).

Nel 1903 il botanico de Vries usa il termine «mutazione» nel suo Die Mutationstheorie per definire le diverse forme della pianta Oenothera lamarkiana che osserva in natura. Il concetto suscita interesse essenzialmente in ambito evolutivo. Nei decenni successivi tuttavia si scoprirà che alterazioni genetiche ereditabili possono essere indotte dai raggi X, dai raggi ultavioletti e da alcune sostanze chimiche 1,2,3 .

Dagli anni ’60 in poi grazie anche allo sviluppo dell’industria petrolifera cresce in modo esponenziale il numero e la quantità di nuove sostanze inserite nell’ambiente. Parallelamente cresce anche la nostra capacità di comprendere i meccanismi molecolari alla base delle mutazioni e la consapevolezza dei potenziali rischi posti da molte di queste sostanze per la salute umana e per l’ambiente naturale.

Così nel 1969 nasce la Società di Mutagenesi Ambientale americana, e nel 1970 la sua sorella europea. Molte altre società locali nasceranno successivamente con lo scopo di favorire l’interazione tra i ricercatori impegnati nel campo. In Italia nel 1991 viene fondata la Società Italiana di Mutagenesi Ambientale (oggi SIMAG). Nel tempo si è sviluppato un dibattito comune, che ha portato a modificare il nome di tutte queste Società aggiungendo il concetto di «genomica» (lo studio del genoma degli organismi viventi: si occupa della struttura, contenuto, funzione ed evoluzione del genoma) a quello di «mutagenesi ambientale». Per un approfondimento: riferimenti 4 e 5.

Lo studio dei meccanismi molecolari tramite i quali le lesioni genetiche vengono provocate, prevenute o riparate è un mondo in continuo sviluppo che si espande con il crescere delle conoscenze e la disponibilità di nuove tecnologie. In effetti la mutagenesi ambientale può rispondere a domande diverse, che nel tempo sono certamente cambiate.

C’è la necessità di conoscere e valutare i rischi legati all’esposizione ad agenti mutageni che sono presenti o manipolati negli ambienti di lavoro, oppure nell’aria, acqua e suolo, negli alimenti, o in diversi materiali con cui entriamo in contatto quotidiano perché si trovano nelle nostre case, uffici, automobili.

Agenti mutageni: sapere come agiscono e quando sono pericolosi per darci delle regole.

C’è la necessità di scoprire i meccanismi tramite i quali queste sostanze interagiscono con il nostro materiale genetico, e quali effetti provocano. Per esempio, la loro attività è mediata dal metabolismo della cellula? La mutazione è un effetto diretto del mutageno o è la conseguenza dei tentativi di riparazione del danno indotto nella cellula? O anche, la mutazione  si forma in risposta anomala o eccessiva dell’organismo al contaminante, come per esempio uno stato di stress ossidativo? La sostanza mutagena può indurre la cancerogenesi? Può indurre mutazioni nelle cellule germinali che si trasmetteranno per via ereditaria?

C’è infine la necessità di regolamentare l’uso di queste sostanze fornendo informazioni agli enti regolatori. Questa attività necessita di strumenti (saggi funzionali, marcatori  di effetto) validati e riconosciuti dagli stessi enti regolatori non solo a livello locale, ma seguendo logiche e coordinamento di diversi organismi a livello europeo e mondiale.

Mutagenesi ambientale: un dialogo tra tutte le discipline della ricerca scientifica.

È evidente quindi che quello della mutagenesi ambientale è un campo in cui convivono anime diverse, ognuna con le sue competenze (tossicologia, ecotossicologia, biologia molecolare e cellulare, genetica e genomica), ognuna con la sua interpretazione del termine «ambiente» in cui avviene l’esposizione, che sia il contesto lavorativo, quello domestico, quello creato dai nostri comportamenti, abitudini e stili di vita, e ovviamente quello naturale, del quale facciamo parte più di quanto spesso siamo disposti a ricordare. La mutagenesi ambientale dialoga costantemente con altre discipline, dalla chimica e la fisica all’ oncologia, e come per tutte le aree di transizione, confini molto rigidi non sono utili a definire la realtà.

Con il progredire delle conoscenze e delle tecnologie in campo genomico ed epigenetico è cresciuto enormemente il livello di informazioni disponibili nel settore della mutagenesi ambientale, e si è ampliato parallelamente il concetto di interazione tra fattori ambientali e genoma. Così, oltre ai test classici di mutagenesi che si rivolgono al DNA o cromosomi, ci si inizia ad interessare degli effetti di un contaminante ambientale anche sugli RNA trascritti o sulle proteine sintetizzate, su elementi di regolazione come gli RNA non codificanti ed i microRNA, sui telomeri, sul genoma mitocondriale.

Ci si interessa sempre di più anche della capacità di un contaminante ambientale di alterare l’assetto epigenetico di una cellula (ovvero quali geni siano espressi e quali no) sia tramite mutazioni di regioni regolative sia tramite l’interazione con fattori coinvolti nel mantenimento del corretto stato epigenetico.

Gli effetti di questa interazione possono riguardare le cellule germinali ed essere trasmessi alla progenie, possono essere trasmessi dalla madre all’embrione durante lo sviluppo prenatale e disturbare gli eventi che si susseguono in quella fase breve ma delicata del nostro sviluppo. O possono riguardare cellule somatiche promuovendone la trasformazione a cellula tumorale 6,7

Passare dallo studio delle alterazioni indotte da un mutageno ambientale alla struttura e sequenza del DNA a quello di alterazioni a livello genomico ed epigenetico (tossicogenomica) consente studi di tossicità molto più complessi però ciò produce risultati di interpretazione non immediata per gli enti regolatori. È essenziale quindi che la mutagenesi ambientale prosegua il suo percorso di dialogo ed interazione con altre discipline cercando di offrire marcatori e test in vitro ed in vivo innovativi 8.

 

Riferimenti:

1 Muller HJ. The Production of Mutations by X-Rays. Proc Natl Acad Sci 1928; 14: 714–26.

2 Stadler LJ, Sprague GF. Genetic Effects of Ultra-Violet Radiation in Maize: I. Unfiltered Radiation. Proc Natl Acad Sci 1936; 22: 572–8.

3 Auerbach C, Robson JM. Chemical Production of Mutations. Nature 1946; 157: 302–302.

4 DeMarini DM. The mutagenesis moonshot: The propitious beginnings of the environmental mutagenesis and genomics society. Environ Mol Mutagen 2020; 61: 8–24.

5 De Flora S. Per una “ G ” in più. Sito web SIMAG 2018; : 201–4.

6 Marczylo EL, Jacobs MN, Gant TW. Environmentally induced epigenetic toxicity: potential public health concerns. Crit Rev Toxicol 2016; 46: 676–700.

7 Meccia E, Dogliotti E, Herceg Z. Epigenetics and the environment. ENEA 2017. DOI:10.12910/EAI2017-056.

https://www.enea.it/it/seguici/pubblicazioni/EAI/anno-2017/n-3-luglio-settembre-2017/epigenetics-and-the-environment

8 Pain G, Hickey G, Mondou M, et al. Drivers of and Obstacles to the Adoption of Toxicogenomics for Chemical Risk Assessment: Insights from Social Science Perspectives. Environ Health Perspect 2020; 128: 105002.