di Sirio Dupont (Associazione di Biologia Cellulare e del Differenziamento)
Con l’arrivo della pandemia di COVID-19, termini scientifici molto tecnici come “vaccino a mRNA” sono improvvisamente divenuti di uso comune. Pochi sanno come funzionano realmente questi vaccini, e che in realtà è stato possibile produrli così rapidamente solo perché scienziati e case farmaceutiche avevano già investito da anni energie e risorse per rendere possibili le cosiddette “terapie a mRNA“. Queste terapie dall’alto carattere biotecnologico rappresentano uno dei maggiori successi scientifici degli ultimi anni, e rendono possibile lo sviluppo di farmaci fino a pochi anni fa impensabili. Ma come funzionano le terapie a RNA? E a cosa possono servire?
Cos’è l’RNA messaggero?
L’ingrediente fondamentale di queste terapie è una molecola chiamata RNA messaggero (mRNA, dall’inglese messenger RNA). All’interno delle nostre cellule, le informazioni necessarie allo svolgimento di qualunque attività sono contenute nel DNA – una sorta di “libretto di istruzioni”. Questo libro contiene molti capitoli, ognuno dei quali corrisponde ad un gene. “Leggere” questo libro può comportare dei rischi, perché come possiamo macchiare o strappare le pagine di un libro, anche il DNA si può danneggiare, rendendo illeggibili le istruzioni. La soluzione che è stata “inventata” dall’evoluzione per non danneggiare il libro/DNA è quella di fare delle “fotocopie” del capitolo/gene di cui si ha bisogno, le molecole di mRNA, che una volta usate vengono eliminate.
Il mRNA contiene le istruzioni per “montare” una proteina. Le proteine, a loro volta, sono i principali costituenti su cui si basano le funzioni delle cellule: le proteine ad esempio formano l’impalcatura interna delle cellule, permettono i loro movimenti, guidano lo svolgimento di reazioni chimiche, trasportano le sostanze all’interno e all’esterno della cellula. Le proteine possono anche funzionare come messaggi tra una cellula e l’altra, oppure guidare il comportamento delle cellule.
Come funziona una terapia a RNA?
L’idea alla base di questo approccio è quella di introdurre nelle cellule di un paziente un mRNA. Per fare questo, le molecole di mRNA vengono incapsulate all’interno di piccolissime gocce lipidiche che sono in grado di trasportare il mRNA all’interno della cellula come un cavallo di Troia. Una volta all’interno della cellula, questo mRNA guiderà il “montaggio” di una proteina.
Questa tecnica viene usata da molti anni nei laboratori per scopi di ricerca, ma solo recentemente è stato possibile sviluppare una serie di tecnologie che rendono possibile fare la stessa cosa direttamente nel corpo umano. Un grande grande vantaggio di questa tecnica è la sua versatilità. L’mRNA è una catena lineare abbastanza semplice, composta dalla ripetizione di 4 “lettere” chiamate nucleotidi. L’informazione contenuta nel mRNA è codificata da lunghe combinazioni di queste 4 “lettere”, per cui non è difficile produrre, anche in grandi quantità, un mRNA con la combinazione desiderata. Questo dà la possibilità di produrre rapidamente molti mRNA diversi, a seconda della proteina che si vuole produrre.
Non esistono altri modi di ottenere lo stesso risultato?
Lo stesso risultato che si ottiene con il mRNA, o quasi, può essere ottenuto in altri modi, ad esempio introducendo nelle cellule direttamente del DNA. Perché funzioni correttamente, però, questo DNA nella maggior parte dei casi deve diventare parte integrante del “libretto di istruzioni” della cellula. Questo a volte può comportare dei rischi, perché questo nuovo “capitolo” potrebbe infilarsi in mezzo alle pagine di un altro capitolo danneggiandolo per sempre. Il mRNA invece per sua natura è usa e getta, per cui guida la produzione della proteina di interesse per qualche giorno e poi viene completamente eliminato.
Un’altra alternativa è quella di fornire direttamente la proteina. Questo è quello che si fa ad esempio con i pazienti diabetici, cui viene iniettata la proteina Insulina. In questo caso, lo svantaggio è rappresentato dal fatto che è molto più complicato produrre grandi quantità di una proteina rispetto ad un mRNA.
Per produrre l’Insulina ad esempio si usano dei microorganismi come batteri o lieviti, che anche se sono molto diversi da noi hanno comunque la capacità di produrre la proteina nella maniera corretta, ma questo non vale per tutte le proteine. Inoltre, mentre l’Insulina agisce dall’esterno delle cellule e quindi basta una iniezione nel sangue, altre proteine devono agire all’interno delle cellule, e di solito le proteine non entrano facilmente nelle cellule. È quindi molto più facile usare il mRNA e lasciare alle cellule il lavoro di produrre la proteina nel modo corretto e nel posto giusto.
A cosa può servire la terapia a RNA?
Nel caso dei vaccini a mRNA si sfrutta questa tecnica per far produrre alle cellule muscolari nel sito di iniezione una proteina del virus SARS-CoV2 chiamata spike. In questo modo il sistema immunitario impara a riconoscere il virus, e nel caso avvenga una infezione è già “allenato” a neutralizzarlo, riducendo le possibilità di infezione ma soprattutto l’evolversi della malattia nelle sue forme più gravi. Alcune case farmaceutiche stanno sfruttando la grande versatilità di questa tecnica per produrre rapidamente delle versioni aggiornate dei vaccini contro la variante Omicron della proteina spike.
Questa tecnica potrebbe anche servire a curare i pazienti affetti da alcune malattie genetiche. In queste malattie, il DNA di tutte le cellule del paziente ha una mutazione, perché manca una “pagina” di un capitolo, e questa informazione manca anche nel mRNA “fotocopia” che viene prodotto. Di conseguenza, le cellule non sono in grado di produrre una proteina funzionante, causando l’insorgere della malattia. In questo caso la terapia a mRNA reintroduce nelle cellule il mRNA corretto, e quindi restituisce alle cellule la capacità di produrre la proteina corretta.
Questo tipo di terapia ha moltissime altre potenziali applicazioni. Un esempio avveniristico è stato pubblicato a gennaio 2022 sulla rivista Science: gli scienziati sono stati in grado di riprogrammare il sistema immunitario di un topolino tramite un farmaco a mRNA. Gli scienziati hanno fatto in modo che un mRNA entrasse nelle cellule immunitarie del topo, in modo da “insegnare” loro a riconoscere e eliminare altre cellule del corpo chiamate fibroblasti. I fibroblasti sono responsabili della formazione del tessuto cicatriziale, ma in alcuni casi funzionano troppo in fretta e non danno il tempo ai tessuti danneggiati di rigenerarsi correttamente. Gli scienziati hanno dimostrato che “telecomandando” il sistema immunitario tramite la terapia a mRNA è possibile ridurre la formazione della cicatrice nel cuore dopo un infarto, permettendo un migliore recupero della funzionalità cardiaca nei topolini.
Questa stessa applicazione potrebbe in futuro servire non solo nei pazienti affetti da un infarto, ma anche per quelli affetti da lesioni spinali, in cui la cicatrice impedisce la rigenerazione dei neuroni. Lo stesso principio potrebbe anche essere utile nella cura del cancro per “spronare” il sistema immunitario a eliminare le cellule tumorali.