“Come l’evoluzione ha strutturato fisicamente l’Homo sapiens” è il titolo della lezione tenuta dal professor Mariano Rocchi il 21 novembre 2023 nel contesto dei FISV Days 2023 (ora disponibile anche su Youtube).
L’Homo Sapiens si è sempre pensato superiore a tutte le specie. Con Darwin la visione cambia. Siamo solo una delle tante specie apparse sulla terra, soggetti come le altre alle stesse leggi naturali. E sono queste leggi che hanno strutturato anche l’Homo sapiens. Ma abbiamo davvero assimilato questo concetto e compreso in profondità tutte le sue implicazioni? La parola a Mariano Rocchi, professore emerito di Genetica della Università di Bari.
Qual è la legge più importante che governa l’evoluzione?
Senz’altro la “fitness”, usando un gergo tecnico, che in parole più semplici vuol dire il numero di figli. È una esemplificazione/sinonimo della selezione naturale, che è il concetto centrale dell’opera di Darwin. Una caratteristica che dà, ad un individuo, una fitness maggiore, vuole dire che assicura a questo individuo una probabilità maggiore rispetto agli altri di sopravvivere e riprodursi.
Perché alcune specie sono sopravvissute e altre no?
I fattori sono tanti e per ogni estinzione ci sono cause specifiche. Come concetto generale vale il fatto che l’ambiente è cambiato, e cambia, in continuazione, e moltissime specie non hanno retto al passo. Pensiamo, per esempio, alla più grande estinzione di massa, avvenuta circa 250 milioni di anni fa a causa di un incredibile “global warming”. Massicce attività vulcaniche immisero nell’atmosfera quantità enormi di CO2, innescando un surriscaldamento del pianeta che ebbe conseguenze disastrose soprattutto per la vita negli oceani. Un aumento della loro temperatura porta infatti a una consistente diminuzione dei gas disciolti, ossigeno in particolare. Ne derivò la quasi totale scomparsa delle specie marine. Ora siamo nell’Antropocene, la “nostra” era, e le attività umane sono diventate la causa, diretta o indiretta, della estinzione di molte specie. Nel libro Sesta Estinzione di Elizabeth Kolbert, emerge un quadro desolante di quanto abbiamo fatto e stiamo facendo “per” l’ambiente.
Cos’ha l’uomo di tanto speciale?
Le capacità cognitive sono sicuramente il tratto principale. Pensavamo, però, che queste costituissero uno iato qualitativo. Poi ci siamo accorti che su questo sentiero molte specie hanno fatto, chi più chi meno, dei passi. Il titolo di un libro di Frans de Waal parla da solo: Siamo così intelligenti da capire l’intelligenza degli animali?
Nella lezione ho preso poi in considerazione altri tratti umano-specifici, e mi sono dilungato, intenzionalmente, su quelli che gravitano sulla sessualità. In questo ambito l’accostamento alle altre specie è più pungente. Ci spiazza, ma rende più tangibile il fatto che siamo una delle tante specie che sono apparse sulla terra.
Un altro tratto interessante, per le implicazioni sociali, è il colore della pelle. Questo tratto è l’ultimo anello di una cascata di eventi: l’accrescimento del cervello, avido di energia, ha portato a una diminuzione della forza dei muscoli. Abbiamo compensato con la resistenza alla corsa, grazie a un apparato motorio unico, e alla sudorazione. Questa ha comportato la perdita della pelliccia e il conseguente colore scuro della pelle a compensare la protezione contro gli UV della pelliccia. Negli Euroasiatici, la variazione chiara della pelle sarebbe stata determinata, con molta probabilità, dalla dieta che, con l’arrivo dell’agricoltura, si è basata sui cereali, poveri di vitamina D. Situazione che viene recuperata da una sintesi più efficiente sulla pelle se la pelle è chiara.
Eppure la pelle chiara è meno efficiente nel proteggere l’uomo dai raggi UV…
Siamo davanti a un caso di “trade-off”: in biologia, quasi sempre, per una cosa positiva che “si guadagna”, c’è un prezzo da pagare. La pelle chiara permette una più efficiente sintesi della vitamina D, ma determina un aumento del rischio di melanomi, causati da una ridotta protezione dagli UV.
Sembra che la sessualità giochi un ruolo cruciale per trovare il bandolo della matassa dei comportamenti umani. Giusto?
Giustissimo. E questo deriva soprattutto dallo strettissimo e ovvio legame tra sessualità e fitness. Sulla riproduzione sessuale accompagnata dalla sessualità, grava una pressione selettiva enorme. Un po’ quello che succede per funzioni di base per la sopravvivenza. Vedi dolore fisico, fame, asfissia… La sessualità poi si porta appresso vari comportamenti, come il mettersi in mostra per la ricerca di un partner. A questo riguardo basta guardarsi intorno, ma con gli occhi di Darwin! Approfitto qui per stressare però una cosa cui ho solo accennato nella presentazione (che aveva dei limiti di tempo). L’assenza di questo peso sarebbe un disastro. Basta immaginare cosa sarebbe successo alla nostra specie se ci fosse mancata la voglia di emergere, di migliorarsi… Tutto in biologia è un trade-off.
Nella sua lezione, ad un certo punto, afferma che tutto è soggetto alla selezione naturale, anche le religioni. In che senso?
Le religioni hanno profonde implicazioni sociali, importanti per la compattezza e sopravvivenza del gruppo ed è su queste che agisce la selezione naturale.
Riporto un esempio da Nature in cui gli autori hanno analizzato l’evoluzione sociale di un numeroso gruppo di popolazioni sparse per il mondo e si sono accorti che, quando queste società sono diventate complesse, gli dei sono diventati “moralizzanti”. Le leggi, cioè, sono diventate una imposizione degli dei. In questo modo diventano molto più cogenti e la società è più stabile. Anche qui, però, c’è un trade-off: più le religioni diventano potenti, più aumenta il rischio di competizioni tra gruppi di religione diversa, che si esprimono proprio con guerre di religione.
A proposito di leggi religiose e di stabilità sociale: l’uomo è naturalmente monogamo?
La risposta passa attraverso… la grandezza dei testicoli, e il suo confronto con i nostri parenti più stretti, le scimmie antropomorfe. La grandezza dei testicoli è ovviamente proporzionale al numero di spermatozoi prodotti. Chi ha bisogno di testicoli più grandi sono i maschi delle specie promiscue, quelle cioè in cui la femmina si accoppia con più maschi (gli scimpanzè, ad esempio), perché più spermatozoi vengono prodotti più è alta la probabilità che la prole sia propria. Confrontando la grandezza dei testicoli dell’Homo sapiens con quelli delle scimmie antropomorfe l’uomo si colloca lontano dalla promiscuità. Del resto una coppia stabile è cruciale per la crescita di un cucciolo che impiega parecchi anni per diventare autonomo.
Tornando alla premessa, esiste allora un’etica o un principio di giustizia in natura?
La natura obbedisce alla fitness, non all’etica. Pensiamo solo al fenomeno dell’infanticidio, non raro in natura, ossia l’uccisione dei piccoli del maschio alfa da parte del maschio che l’ha spodestato. Se si è affermato in natura vuol dire che c’è un vantaggio per la specie.
E qui mi viene spontanea qualche considerazione sulla distinzione dei ruoli maschio/femmina, che ha avuto sicuramente dei vantaggi evolutivi visto che è così diffusa in natura. Se la natura avesse obbedito all’etica non avrebbe costretto le femmine a pagare tanto pegno per le loro peculiarità riproduttive. Oso ancora di più. Esistono in natura esempi di perfetta parità fra tutti gli individui. Non esistono maschi e femmine. È il caso di molte lumache, che sono ermafrodite obbligate (nonostante il nome femminile) per cui ognuna ha un apparato riproduttivo maschile e femminile. Perfetta parità, eticamente più giusta.
Tornando all’etica. Esempi di comportamenti che la nostra visione antropomorfa definirebbe etici sono presenti in specie che hanno una vita sociale complessa. Frans de Waal ha pubblicato su Youtube un esempio esilarante del senso della giustizia nelle scimmie cappuccine.
Molti altri concetti su noi stessi si sgretolano se valutati in termini di fitness. L’oggettività dei nostri sensi, tanto per cominciare. Una visione più contrastata, per esempio, è un vantaggio per discriminare un pericolo, ma va a scapito dell’oggettività. L’esempio della scacchiera di Adelson (Youtube) è molto calzante e di solito lascia gli studenti di stucco.
Nota. Ogni tanto viene spontaneo dire “lo scopo della natura” e cose simili. È un parlare antropomorfo che attribuisce alla natura un progetto finalistico. La selezione naturale è priva di un qualsiasi disegno.
L’Homo sapiens ha colonizzato il pianeta e si è adattato agli ambienti più diversi. Queste sono le condizioni che solitamente portano a una speciazione, che però nel nostro caso non c’è stata. Come mai?
Su questo ho riflettuto molto. Le differenze che le varie popolazioni hanno accumulato sono marginali rispetto a quelle che di solito portano a una speciazione. Il motivo principale è che, più che adattarsi ai vari ambienti, l’Homo sapiens ha adattato l’ambiente a sé stesso. Le specie che vivono in ambienti molto freddi hanno sviluppato pellicce protettive. L’uomo ha sviluppato la maniera di rubarle agli animali. Rientra in questo discorso la domesticazione, cioè la manipolazione da parte dell’uomo di piante e animali per adattarli alle proprie esigenze. La maggior parte delle piante di cui ci cibiamo non esistono in natura. Broccoli, cavoli, cavoletti di Bruxelles, verza, cavolfiore e altre, per esempio, sono state ottenute per domesticazione. Derivano tutte dalla pianta selvatica Brassica oleracea. La domesticazione era stata presa da Darwin proprio come esempio di selezione operata dall’uomo anziché dalla natura.
Da qui una considerazione sull’assioma natura = buono: è solo una nostra idealizzazione romantica della natura, senza riscontro nella realtà. E, come detto sopra, vale anche per l’etica.
Che l’Homo sapiens non sia il centro del mondo l’abbiamo capito e anche che siamo governati da leggi naturali volte solo al vantaggio evolutivo. Non le sembra, però, che in tutto questo manchi ancora qualcosa?
Devo dire la verità: ho un peso sulla coscienza. Nella presentazione ho accentuato le cose negative che l’evoluzione ci ha messo sulle spalle, che potrebbero far pensare a una desacralizzazione di sentimenti come l’amore. Penso, invece, che il vedere queste cose in chiave evolutiva dovrebbe solo aggiungere un pizzico di autoironia, che può aiutare.