All’origine del virus, cronologia di un contagio
Di Antonio Musarò
Il nuovo anno non è iniziato nel migliore dei modi; era il 18 gennaio 2020 quando le autorità cinesi comunicano la morte di tre persone e la presenza di 139 nuovi casi di contagio da parte di un virus misterioso che causa i sintomi tipici di una polmonite. Il virus misterioso in realtà fa la sua prima comparsa a dicembre 2019 nella cittadina cinese di Wuhan. Il 31 dicembre 2019 le autorità cinesi informano l’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) di una serie di casi di simil polmonite, la cui causa è però sconosciuta. Il 7 gennaio le autorità cinesi confermano di aver definito le caratteristiche del nuovo virus. Si tratta di un coronavirus a cui l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dato inizialmente il nome di 2019-n-CoV e classificato in seguito ufficialmente con il nome di SarsCoV2 (Sindrome respiratoria acuta grave coronavirus 2). Il contagio, che sembrava ristretto alla città di Wuhan, da cui ha avuto origine l’epidemia, si espande anche al di fuori dei confini cinesi, fino a lambire praticamente ogni paese del globo. Il resto è storia recente: Pandemia (come dichiarato dall’OMS l’11 marzo 2020).
La Cina torna nuovamente sotto i riflettori per essere l’epicentro, dopo la SARS del 2003, di un nuovo contagio mondiale; ed è facile immaginare perché quando la Cina starnutisce il resto del mondo comincia a preoccuparsi. Il virus cinese arriva “ufficialmente” in Italia il 29 gennaio 2020 (ma è molto probabile che circolasse già da molte settimane prima), quando vengono riscontrati i primi due casi di persone contagiate da coronavirus; si tratta di due turisti cinesi con una grave malattia respiratoria ricoverati all’istituto Spallanzani di Roma, uno dei migliori presidi ospedalieri per la prevenzione, diagnosi e cura delle malattie infettive. Il 6 febbraio viene segnalato un nuovo caso a Roma: si tratta di un cittadino italiano rimpatriato da Wuhan. Dal 21 febbraio la situazione si aggrava anche in Italia, dove si registrano centinaia di casi positivi al virus SarsCoV2 con i focolai maggiori nel Lodigiano e in Veneto, in una escalation esponenziale di contagi che colpirà in maniera drammatica la Lombardia e via via tutte le altre regioni d’Italia.
Inizia così per l’Italia quella che diventerà una delle emergenze più devastanti dal dopoguerra ai nostri giorni. Ad oggi i contagiati in Italia sono 101.739 (attualmente 75.528 i positivi), 11.591 le vittime, anche se, come sottolinea la Protezione civile, questo dato potrà essere confermato solo dopo che l’Istituto Superiore di Sanità avrà stabilito la causa effettiva del decesso. A essere guariti sono in 14.620.
Quali sono le caratteristiche del virus di questa nuova emergenza sanitaria?
I coronavirus, scoperti negli anni ’60, sono definiti tali in quanto presentano sulla loro superficie esterna una serie di glicoproteine superficiali (chiamate spike) che danno un’immagine che ricorda una corona. Il genoma, materiale genetico, dei coronavirus è rappresentato da una molecola di RNA a singola elica, di dimensioni comprese tra le 26 e le 32 kilobasi, che codifica per 7 proteine virali.
Come tutti i virus, anche i coronavirus non possono riprodursi da soli ma solo grazie all’intermediazione di cellule ospiti, all’interno delle quali i virus veicolano il loro materiale genetico, sfruttando il macchinario di sintesi proteica dell’ospite che produrrà anche le proteine virali responsabili poi delle alterazioni funzionali e strutturali della cellula ospite stessa.
Come questo nuovo virus è arrivato a noi? Tra verità e fake news
Capita sempre più spesso di vedere manipolata, a volte con dolosa disinformazione, la verità verso il complottismo e le fake news. Gira in questi giorni sui vari canali social la teoria del complotto per cui il nuovo coronavirus sia stato generato in qualche laboratorio segreto e fatto “sfuggire”, per caso o per dolo, per provocare la disastrosa pandemia di cui siamo vittime. La teoria del complotto parte “dall’interpretazione” di un servizio del programma televisivo TG-Leonardo del 2015 in cui si parla di scienziati cinesi che creano, per scopi di ricerca, un super virus polmonare ottenuto da pipistrelli e topi. La notizia riprende una pubblicazione su una delle più prestigiose riviste scientifiche: “Nature”. In quella pubblicazione viene anche pubblicata la sequenza genica del virus creato in laboratorio, cioè la carta di identità, il codice a barre, del virus stesso.
Ci troviamo quindi di fronte ad un virus creato in laboratorio?
Basta interrogare la scienza per avere delle risposte serie e non pregiudizievoli. I risultati ottenuti da analisi genetiche, e pubblicate sulla rivista scientifica Nature Medicine, evidenziano che il coronavirus 2019 è un virus ricombinante tra il coronavirus del pipistrello ed un altro coronavirus di qualche altra specie animale (ancora sconosciuta) dove, ricombinandosi geneticamente, ha fatto il cosiddetto “salto di specie” (“spillover” in inglese) acquisendo la capacità di legare specifici recettori localizzati sulla cellula ospite del sistema respiratorio umano, infettandola. Gli studi sul genoma del virus hanno in pratica chiarito che questo nuovo coronavirus si è sviluppato in un mercato in Cina dove le diverse specie animali si contaminano perché si macellano animali di allevamento e quelli selvatici, come i pipistrelli, in una promiscuità pericolosa. E per buona pace dei vari complottisti e dei sapienti ignoranti che ipotizzano bizzarre teorie come causa delle epidemie, tra cui quella attuale di SarsCoV2, quali allevamenti intensivi, crisi ambientali, perdita di biodiversità, quello che la scienza ha documentato è che “le malattie infettive proliferano in contesti contraddistinti da scarse condizioni igienico-sanitarie, degrado socio-ambientale e sottosviluppo culturale”.
Questa particolare trasmissione da animale a uomo è tra l’altro una storia antica.
Pensiamo, per esempio, al morbillo evolutosi dalla peste bovina, alla pertosse da maiali e cani, alla peste originata da topi, conigli e lepri, o alle devastanti febbri emorragiche (come ad esempio l’ebola) proveniente da pipistrelli e scimmie.
E se prima i virus ci mettevano due anni per invadere il mondo, come per esempio l’influenza spagnola del 1920, oggi ci mettono 2 settimane. Diciamo che prima i patogeni si muovevano “a piedi”, oggi si muovono con aerei e alta velocità. Per un motivo semplice: i virus per vivere hanno bisogno di un ospite e l’uomo è uno di questi. E a seconda di come si muove l’uomo si muove anche il virus.
Quali sono i sintomi dopo il contagio?
Il sintomi compaiono dopo un periodo di incubazione che si stima variare fra 2 e 11 giorni, fino ad un massimo di 14 giorni. In questo contesto, è interessante ribadire come alcune persone si infettano ma non sviluppano alcun sintomo. Generalmente i sintomi sono lievi, soprattutto nei bambini e nei giovani adulti, e a inizio lento. Circa 1 su 5 persone con COVID-19, come è stata definita la patologia causata dal SarsCov2, si ammala invece gravemente, soprattutto persone anziane e/o con patologie debilitanti, e presentano difficoltà respiratorie in quanto fanno una polmonite, richiedendo il ricovero in ambiente ospedaliero.
Nella maggior parte dei casi le nostre prime linee di difesa eliminano l’invasore senza che neppure ce ne accorgiamo. Il nostro sistema immunitario, quindi, mette in atto strategie di attacco e armi diverse (anticorpi) per fronteggiare ogni tipo di patogeno. Se però un patogeno riesce a superare la resistenza iniziale del sistema immunitario, o perché il sistema immunitario è debilitato oppure non pronto a fronteggiare il “nuovo” invasore, può causare le gravi condizioni patologiche che sono state per esempio ascritte al coronavirus 2019.
Come ci si infetta?
La via primaria di infezione sono le goccioline del respiro delle persone infette ad esempio tramite la saliva, tossendo e starnutendo; attraverso contatti diretti personali; attraverso le mani, toccando per esempio con le mani contaminate bocca, naso o occhi. È importante perciò applicare rigorosamente misure di igiene personale quali starnutire o tossire in un fazzoletto o con il gomito flesso e gettare i fazzoletti utilizzati in un cestino chiuso immediatamente dopo l’uso e lavare le mani frequentemente con acqua e sapone o usando soluzioni alcoliche.
La cura
Sebbene il controllo finale delle infezioni virali richieda lo sviluppo di vaccini e/o farmaci antivirali efficaci e mirati, è possibile immaginare che i farmaci antivirali attualmente autorizzati potrebbero intanto essere testati per verificarne l’efficacia contro il coronavirus SarsCov2. Ed è quello che si sta facendo. Ovviamente lo sviluppo dei vaccini è l’arma più efficace, ma ad oggi non esiste alcun vaccino e per arrivare ad averne uno ci vogliono almeno 12-18 mesi. E’ importante in questo contesto ribadire l’importanza di sviluppare farmaci sicuri. Ad oggi tutti i tentativi fatti per sviluppare un vaccino sicuro contro virus ad RNA, hanno dovuto fare i conti con quello che viene definito come fenomeno o effetto paradosso. Questo fenomeno viene indicato come antibody-dependent enhancement (ADE) ed è connesso al rischio che un candidato vaccino induca non solo anticorpi neutralizzanti contro il virus, ma anche anticorpi che potenziano l’entrata del virus stesso nelle cellule. E’ pertanto necessaria una rigorosa ricerca di base e pre-clinica su modelli animali prima di traslare i risultati di efficacia e soprattutto di sicurezza di un potenziale vaccino sull’uomo. Inoltre, un altro problema legato allo sviluppo di un vaccino è legato alla proprietà dei virus ad RNA di mutare velocemente; di conseguenza le proteine virali sono soggette a continui cambiamenti e a causa di queste continue mutazioni diventa difficile impostare una profilassi vaccinale. Questo, per esempio è uno dei motivi principali per cui da oltre vent’anni non si è ancora trovato un vaccino contro il virus dell’HIV. Tuttavia, un recente studio pubblicato su Journal of Virology, suggerisce che nel virus SarsCoV2 ci siano alcune proteine che sembrano essere molto più stabili di altre e pertanto possono rappresentare dei target per lo sviluppo di vaccini. Servono però ulteriori studi per sviluppare terapie efficaci e sicure.
Il valore della ricerca scientifica
E proprio le preoccupanti vicende circa l’epidemia da coronavirus hanno fatto emergere quanto la ricerca scientifica sia fondamentale. Si chiede alla Scienza di essere “salvifica” e ci si dimentica spesso che la Scienza per fare quello che le si chiede ha bisogno di risorse, dei suoi metodi, dei suoi mezzi e dei suoi tempi e richiede onestà intellettuale e comportamenti non pregiudizievoli. Questo implica che per consentire alla Scienza di rispondere a queste sollecitazioni e a prevenirne altre, bisogna farsi portavoce delle necessità imprescindibili che il mondo scientifico della ricerca ha per mantenersi vitale, competitivo e al passo con le più moderne tecnologie. La sperimentazione animale rientra tra quei metodi e mezzi imprescindibili di cui la ricerca scientifica ha bisogno per arrivare a terapie comprovate e sicure. Solo una scienza rigorosa e una rigorosa regolamentazione possono assicurare lo sviluppo di terapie efficaci piuttosto che prodotti di mercato inefficaci e, allo stesso tempo, segna la netta distinzione tra la ricerca di nuove terapie e l’inganno verso i pazienti.
Come difenderci dal virus
Sembra incredibile, ma in assenza di specifici farmaci e terapie, ad oggi vengono messe in atto le antiche pratiche di quarantena che risalgono nel 1377 e imposte dalla repubblica veneziana. Ed è quello che è stato fatto in Cina, in Italia ed in altri paesi, anche se con ingiustificabili ritardi.
Serve anche effettuare una massiccia sorveglianza per individuare tutti i positivi; isolare, testare e trattare ogni caso per spezzare in modo efficace la catena di trasmissione delle infezioni.
E’ vero che di coronavirus si può morire, ma è altrettanto vero che dal coronavirus si guarisce se si interviene per tempo e con efficacia. Due elementi: Tempo ed efficacia che mancano ad un sistema sanitario messo al collasso non da un virus ma anche dalle scellerate scelte di una politica di tagli alla sanità perpetrata di anno in anno da ogni schieramento politico, chi più chi meno, che ha governato negli ultimi 30 anni. Il rischio è anche questo; quando si ha a che fare con piccoli numeri si ha tempo, energie e personale a sufficienza per impiegare tutto il tempo a disposizione per prendersi cura di tutte le persone. Quando il numero dei pazienti diventa elevato, il personale sanitario pur eroico non ce la fa a gestire questi numeri dell’emergenza.
Non è ovviamente questo il tempo delle polemiche, ma cominciamo veramente a chiederci su quali valori puntare (per esempio: ricerca scientifica, sanità, cultura) per rendere il paese sempre più pronto a sfide sempre più impegnative.
Gli effetti “collaterali” di questa epidemia e delle drastiche misure adottate dal Governo hanno riguardato anche il settore economico e finanziario del Paese a cui il Governo DEVE da subito trovare delle soluzioni per evitare, passata l’epidemia sanitaria, di vivere una epidemia di recessione finanziaria, che potrebbe essere ancora più pericolosa di quella sanitaria.
Serve quindi adottare sempre METODO E MERITO: due elementi che mancano spesso in molti cittadini e decisori, non solo ai tempi del coronavirus. E qui dobbiamo anche chiederci come mai siamo arrivati a questa limitazione della capacità critica. Il discorso sarebbe lungo e meriterebbe una discussione tra diversi soggetti; filosofi, politici, educatori, scienziati e cittadini. Molte persone preferiscono, forse perché hanno una sorta di bias cognitivo, la notizia “pret a porter” di più facile portata rispetto alla fatica di leggere e studiare tutte le fonti e provare a usare il metodo ed il pensiero razionale per una conoscenza non pregiudizievole. Si può sperare in un cambio di passo solo quando si comincerà a riconoscere la disuguaglianza di valore e di merito e a promuovere una politica delle buone pratiche che sappia riconoscere i giusti valori su cui puntare.
Fonte: www.odysseo.it
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